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Dal numero civico 28 al numero... scoprilo!

Dal numero civico 28 al numero... scoprilo!

Itinerario non guidato in Oltrarno: TAPPA n. 5

La nostra bella passeggiata culturale in Via Maggio continua!

Al n. 28 di Via Maggio  spicca il seicentesco Palazzo Pannocchieschi - Peruzzi de' Medici: costruito su due case dei Corbinelli, il palazzo fu rimaneggiato e ampliato intorno alla metà del Cinquecento per poi essere definitivamente restaurato nell'aspetto attuale, un secolo dopo, dall'Architetto Gherardo Silvani. Nel 1699, l'edificio fu acquistato dal Conte senese Filippo Pannocchieschi che promosse al suo interno la preziosa collezione di libri rari di Angelo D'Elci, donata in seguito alla Biblioteca Laurenziana. Alla fine dell'Ottocento, il Palazzo passò ai Peruzzi de' Medici poi ai Garneri e, quindi, agli Schippisi.

Il complesso si presenta con le caratteristiche seicentesche dell'Architetto Silvani. L'ampia e estesa facciata a tre piani mostra, alle estremità del piano terra, due identiche aperture d'ingresso. Tre grandi finestre inginocchiate sono intervallate asimmetricamente da finestre di minori dimensioni incorniciate a pietra. Oltre il marcapiano, si evidenziano una serie di dieci finestre ad arco con stipite in pietra liscia in doppia fila su intonaco chiaro fra le quali spicca l'arme della famiglia Pannocchieschi.

Il Palazzo dispone di un lungo cortile interno sei/settecentesco che immette nella parallela Via del Presto di San Martino.

Proseguendo sullo stesso lato, al n. 30, sull'angolo di Via Michelozzi (dal nome della già citata nobile famiglia), si estende il Palazzo Biliotti.
I Biliotti, chiamati allora Biliotti d'Oltrarno, notoriamente di parte Guelfa, furono ambasciatori, titolari di Podesterie e per dieci volte Gonfalonieri della Repubblica. Essi, ricchi possidenti di case nella zona, scelsero questo palazzo come dimora principale prima di alienarlo ai Cavalcanti, poi da questi ai Parigi e quindi ai Michelozzi.

La facciata del fabbricato mostra al piano terra un rivestimento in bugnato di pietra rustica di epoca tardo trecentesca che si estende fino al marcapiano del piano nobile da dove su una superficie di intonaco bianco che denota i tratti rinascimentali, si dipartono cinque archi con cornici in bugnato liscio che racchiudono altrettante finestre di forma rettangolare apposte sulla superficie precedentemente tamponata. La situazione al piano superiore si differenzia per le più modeste cornici in pietra completamente lisce.

L'ultimo ordine è privo di interesse perché considerato come successivo piano rialzato. Da notare l'importante serie di massicci mensoloni in pietra che si affacciano sulla Via Michelozzi.

Al n.13, sull'altro lato, si estende il Palazzo Zanchini. Costruito nel Quattrocento dai Corbinelli accorpando un gruppo di case di loro proprietà fu ceduto nel primo Cinquecento ai fratelli Sangalletti e da loro venduto nel 1585 a Giovan Battista Zanchini di Castiglionchio. Preso possesso del palazzo insieme alla moglie Camilla Ricasoli, lo Zanchini fece apportare all'edificio notevoli modifiche assegnando i lavori a Santi di Tito a cui si deve, tra le altre opere , l'ordine classico delle finestre, l'imponente portone e il grande stemma posto sulla cantonata dello Sdrucciolo de'Pitti.

Nel 1843 il Palazzo fu venduto al Marchese Cosimo Ridolfi. Attualmente è sede storica insieme ad altre attività culturali dell'Istituto per l'Arte e il Restauro "Palazzo Spinelli".

Gli Zanchini del ramo originario di Bologna, parenti dei Castiglionchio Da Quona, arrivarono in Toscana nel Quattrocento unendosi al ramo fiorentino di Piero di Bernardo da Castiglionchio. I Castiglionchio, letterati e politici, ebbero spazio nei governi Repubblicani mentre gli Zanchini occuparono cariche senatoriali durante il Ducato di Toscana.

Al n.15 si trova il Palazzo Ridolfi. L'edificio fu costruito nel quattordicesimo secolo dai Corbinelli e nel corso del secolo successivo passò di proprietà a Nicolò Ridolfi. Nel 1497 il palazzo fu confiscato dal governo repubblicano, in quanto il Ridolfi risultò coinvolto in una congiura a favore dei Medici. Ai primi del Cinquecento ritornati i Medici, un componente della famiglia, Piero, cognato di Lorenzo Il Magnifico, riscattò il Palazzo riprendendone il possesso. Dopo vari passaggi di proprietà, avvenuti nei secoli, l'edificio fu acquistato nel 1843 da un dei discendenti più importanti e ricordati fino ad oggi a Firenze e non solo: il Marchese Cosimo Ridolfi.

L'Architettura del Palazzo mostra elementi tardo trecenteschi. La facciata presenta al piano terra un rivestimento in pietra rustica con tre grandi aperture ad arco incorniciate da conci a cuneo. Sul bel portone chiodato è evidente un arme coronato granducale. I piani superiori mostrano due serie di finestre con archi a finte bozze ed una bella gronda assai sporgente. Al centro, sotto il registro superiore, un grande scudo rappresenta lo stemma dei Ridolfi . Sempre nel centro a piano terra una lapide celebra le gesta del Marchese Cosimo.

Cosimo Ridolfi nacque a Firenze il 22 Novembre del 1794. Dopo avere completato gli studi e conseguito una laurea in agronomia, egli volse quello che fu il suo principale impegno: l'applicazione della scienza nell'agricoltura e la sua pratica, attività che sviluppò nella propria fattoria di Meleto nei pressi di Castelfiorentino in Val D'Elsa.

Il Granducato Lorenese di Leopoldo II, volto a migliorare sensibilmente le condizioni di vita della popolazione impegnata prevalentemente in attività agricole. attivò la promozione di nuove scuole ed istituti ad indirizzo agro alimentare allo scopo di incentivare e razionalizzare i raccolti con nuove teorie e più moderni sistemi.

Ebbene, il Marchese Ridolfi seguendo le sollecitazioni granducali, creò una scuola di Agraria nella sua fattoria in Val D'Elsa che risultò essere la prima su tutto il territorio italiano.

L' esperienze da lui acquisite durante i suoi viaggi in una Europa molto più avanzata in campo economico e sociale , vennero riproposte nella sua scuola con l'obbiettivo iniziale di affrontare e risolvere gradualmente le problematiche legate alla scarsità degli alimenti a fronte di un aumentato numero della popolazione.

Inoltre egli, nell'intento di divulgare i progressi ottenuti dagli studi, creò Il Giornale della Toscana con la collaborazione di Pietro Viesseux, insigne letterato ed editore, e Raffaello Lambruschini, agronomo e pedagogo. Cosimo avverti anche l'utilità di disporre di un istituto bancario necessario per tutti i risparmiatori che avessero voluto investire in agricoltura. L'idea si materializzò con la nascita della Cassa di Risparmio di Firenze che, come tutti sanno, è stata una delle più importanti e prestigiose banche a Firenze e in Italia negli ultimi due secoli.

Cosimo Ridolfi fu anche importante uomo politico del periodo granducale e del Regno. Nel 1847 fu ministro dell'interno e nel 1848 divenne Presidente del Consiglio dei Ministri.

Nel 1859 al termine del periodo Lorenese, fece parte del Governo Provvisorio della Toscana occupando il dicastero dell'istruzione e degli affari esteri. Nel 1860 fu nominato Senatore del Regno.

Il Marchese Cosimo Ridolfi, morì nella sua casa di Firenze cinque anni dopo quella nomina, era il 5 di Marzo del 1865.

Una statua posta in Piazza Santo Spirito, opera dello scultore Raffaello Romanelli, rende omaggio al famoso personaggio che ha lasciato a Firenze e alla Nazione una ragguardevole impronta culturale e sociale.

Al n.21 si trova un caseggiato di epoca quattrocentesca con facciata ampiamente rimaneggiata e povera di elementi qualificativi. L'edificio è comunque interessante al suo interno dove le varie trasformazioni hanno lasciato visibili decorazioni e affreschi risalenti prevalentemente al Seicento. Il Palazzo è visitabile il primo Mercoledì di ogni mese escluso Agosto, dalle ore 9 alle 12 e dalle ore15 alle 18 previo appuntamento telefonico al 331 2427023.

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