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Mi racconti il tuo 4 Novembre del '66? - Luigi e

Mi racconti il tuo 4 Novembre del '66? - Luigi e "Tre uomini in barca"

Luigi e "Tre uomini in barca"

Il 4 Novembre del '66 Luigi ha poco più di 19 anni. "Il 5 Novembre di quell'anno avrei iniziato l'anno accademico alla Facoltà di Lettere, con indirizzo Lettere Classiche" racconta Luigi. "Giocavo a calcio, all'epoca. Giocavo nel Peretola e la mattina del 4 Novembre sarei dovuto andare ad allenarmi". A Firenze piove ininterrottamente da giorni. Prima di attraversare la città a bordo della sua mitica Lambretta, Luigi decide di chiamare il campo sportivo di Peretola per capire se il campo fosse agibile o meno. "Quella fu l'ultima telefonata che riuscii a fare". Dai giornali radio arrivano le prime notizie delle esondazioni dell'Arno nelle zone a monte di Firenze. "Non c'era cultura della comunicazione all'epoca, si stava a quello che diceva la radio, ma ancora non avevamo assolutamente percezione di cosa stesse succedendo". Luigi abita a Badia a Ripoli, quando ancora Viale Europa non c'era. Lo stavano costruendo proprio in quel periodo. Nel corso della mattinata si inizia a percepire che la situazione è seria ma ancora non si è consapevoli della tragicità. Insieme ad altri ragazzi, Luigi s'incammina verso il Viale Europa in costruzione. "Era ancora tutto sterrato. L'acqua arrivava lì, era un bagnasciuga". La situazione è assurda. "Si sentono persone che gridano spaventate, qualcuno sale sul tetto e spara colpi in aria con il fucile da caccia per richiamare l'attenzione". A Firenze è un totale abbandono. La città non è preparata a tutto questo e si trova arresa di fronte a quel disastro. "Con i ragazzi salimmo su un palazzo in costruzione. Mentre salivamo ci guardavamo intorno. Lì realizzai. Era una situazione paradossale, assurda, inedita, totalmente al di fuori delle nostre capacità di immaginazione. Dalla cima del palazzo in costruzione vidi che Viale Giannotti e Via Erbosa erano un fiume. La fabbrica Longinotti era sommersa". Luigi torna a casa per pranzo. E' giorno di festa e si mangia tutti insieme. I giornali radio danno notizie sempre più preoccupanti e inquietanti. Le linee telefoniche erano saltate. Nel pomeriggio Luigi torna su Viale Europa per capire la situazione. Adesso c'è un sacco di gente su Viale Europa. "Mi si avvicinò un uomo, sulla quarantina. Era molto agitato, aveva le lacrime agli occhi. Mi disse che sua sorella, con due bambini molto piccoli, di cui uno nato da poco, abitava proprio sul Lungarno e lui voleva in tutti i modi tentare un salvataggio". Luigi ascolta le sue parole poi qualcuno dice di conoscere un nobile appassionato di barche che abita lì vicino. "L'uomo, che poi scoprii essere un metalmeccanico, mi chiese di andare con lui per dargli una mano a caricare la barca sul suo furgoncino". Il nobile presta loro un barcone da pesca di otto metri circa, molto pesante. Un barcone di legno con i remi che Luigi e il metalmeccanico caricano sul furgoncino e portano su Viale Europa. "Mi chiese di salire con lui per aiutare a salvare la sorella con i bambini". Luigi non si rifiuta e sale sulla barca. "Mentre stavamo per partire si avvicina un altro uomo. Era inquieto, agitato. Ci prega di farlo salire". La situazione è assurda, paradossale. Lo fanno salire. Adesso sono in tre a bordo della vecchia barca di legno. "Tre uomini in barca, come il famoso romanzo", dice Luigi scherzando. Poi continua il racconto: "Quest'uomo ci disse di essere un medico, avrà avuto cinquant'anni. Ci raccontò che stava per coronare il sogno della sua vita, quello di sposare la sua compagna, una donna portoghese. Ci aveva messo una vita ad avere tutti i fogli e non poteva perderli. I fogli per il suo matrimonio erano affissi nella chiesa di Viale Giannotti ed è lì che lui voleva andare". Luigi si ferma per un attimo. Alza gli occhi e continua: "So che può sembrare una storia strampalata ma è la pura verità. Furono una serie di circostanze che questo stato di cose irreale rese possibili". Ci sono tre uomini su una barca in un fiume che non è un fiume, ma sono le strade della città. "Nessuno di noi conosceva la barca, né tanto meno sapeva remare". Ma questo non basta a fermare i tre. Remano fino quasi alla riva dell'Arno senza mai incontrare corrente. "Remavamo nelle strade perpendicolari al fiume, in maniera che le case facessero da scudo alla corrente. Sentivamo un frastuono infernale, sembrava quasi un bombardamento continuo, un rumore inquietante. Ma continuammo a remare per un tratto di Viale Europa per poi svoltare in via Erbosa. Abbiamo poi imboccato via Datini dove l'acqua dell'Arno aveva raggiunto i 5 metri di altezza. La gente ci urlava dai terrazzi e dai tetti dei palazzi, ci insultavano. Volevano essere imbarcati ma noi non potevamo, non era possibile". Luigi abbassa lo sguardo e continua: "Questo nostro incedere lentamente in mezzo a quelle grida, fu pensoso". In Piazza Gualfredotto emergono dall'acqua solo le cime degli alberi e qualche tetto degli autobus. I tre remano nella strada che da Piazza Gualfredotto porta sul Lungarno. Perché era lì che abitava la giovane donna con i suoi bambini. Appena imboccata la strada vedono che all'angolo con il Lungarno l'acqua fa uno scalino. L'acqua che arriva dall'Arno, corre ad una velocità spaventosa portando con sé tutto. "Dopo poco la barca fu presa dalla corrente, fummo trascinati via." La situazione non è più gestibile. "Ci sdraiammo perché i fili della corrente, che all'epoca andavano da parte a parte della strada, ci avrebbero fatto da ghigliottina". Mentre la barca procede, l'uomo riconosce l'abitazione della sorella. Arrivano sotto l'abitazione, si aggrappano alle persiane e entrano dalla finestra. La sorella con i piccoli è salita all'ultimo pieno per mettersi in salvo. "Si ebbe la pazzia di imbarcarli", racconta Luigi ancora incredulo. "I bambini erano terrorizzati, strillavano. Noi provammo a remare contro corrente ma i remi si spezzavano. Le braccia non reggevano. Aggrappati alle persiane portammo la donna con i bambini in un'abitazione vicina. Poi facemmo una scelta poco intelligente". I tre decidono di lasciarsi trascinare dalla corrente fino a Piazza Gavinana. "Da Piazza Gavinana si prende Viale Giannotti e si torna a casa", pensanoMa i tre, arrivati in Piazza Gavinana si accorgono che la piazza è un vortice, l'acqua fa un mulinello dove arriva di tutto. "Venimmo trascinati in Via Salutati e ci accorgemmo che, all'altezza dell'incrocio con Via Ripoli, l'acqua faceva un muro di un metro. Istintivamente ci aggrappammo ai fili del filobus e provammo ad andare contro corrente". La situazione è drammatica. Risalire la corrente è impossibile. In mezz'ora riescono a percorrere poco più di dieci metri. "Ci buttammo verso la parete di una casa evacuata e riuscimmo ad infilarci dentro, passammo la notte lì. Non sapendo come sarebbe stata la situazione il giorno seguente, legammo la barca fuori dalla finestra". Il giorno successivo l'acqua defluisce. "La barca penzolava dalla finestra", racconta Luigi sorridendo. I genitori di Luigi, non avendo sue notizie, lo danno per disperso. "Ho avuto incubi per molto tempo", confessa Luigi. "Abbiamo avuto fortuna, ancora oggi non so spiegarmi come ci siamo riusciti". Questa strampalata storia del 4 Novembre è a lieto fine. Luigi e gli altri tornano a casa percorrendo le strade di fango che l'ondata di piena aveva lasciato. L'alluvione del 1966 per Luigi è disperazione ma anche tanto coraggio.

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