• Seguici su
  • Registrati | Login

    Registrati per conoscere in esclusiva i migliori eventi in città, salvarli tra i preferiti, condividerli con gli amici e giocare, ogni mercoledì, per vincere biglietti per concerti e teatri. Fallo subito!

Accadde a Firenze, a Febbraio

Accadde a Firenze, a Febbraio

SCHERZI, FRIZZI E LAZZI. IL CARNEVALE FIORENTINO DI UNA VOLTA.

In tanti ricorderanno il Carnevale negli anni del primo e secondo dopoguerra, quando nelle giornate di sole del mese di Febbraio,  fino al Martedì Grasso che precede le Ceneri, molte zone della città, ma in particolare i Lungarni della Zecca, Corsini e Vespucci, si popolavano di bambini con le loro famiglie, trasformandosi in passerelle per le sfilate delle mascherine. L'aria tiepida del pomeriggio che preannunciava la primavera creava la situazione ideale per il passeggio. Tutto si svolgeva in un'atmosfera serena e allegra fatta di grida, risa, suoni di fischietti e trombette in cui i bambini felici ed eccitati sfoggiavano i loro deliziosi travestimenti e ingaggiavano battaglie con piogge di coriandoli e stelle filanti sotto gli sguardi lieti e compiaciuti dei loro genitori e dei loro nonni. Ogni bambino vestiva il personaggio preferito, legato all'immaginario del momento che, quasi sempre, si riferiva a qualche eroe dei fumetti, della storia o dalle fiabe più conosciute. Tra i travestimenti preferiti dai bambini c'era Zorro con il mantello nero bordato di rosso e la spada sguainata, il Piccolo sceriffo con la pistola a fulminante e la stella cucita sul giacchetto aperto sul petto, il Pellerossa Toro Seduto con il classico copricapo di penne colorate, l'arco e le frecce, Ali Babà con i larghi calzoni di seta azzurra ed il turbante in testa, e poi maghi, crociati ed altri ancora. Le bambine sceglievano costumi in massima parte fiabeschi e bucolici: principesse con la corona in testa, fatine con l'immancabile bacchetta magica, contadinelle dall'ampia gonna con sottobraccio il cestino dei fiori e poi Biancaneve, Dama del settecento ed altre ancora. L'assenza di traffico permetteva ad una moltitudine di bancarelle e barroccini di fare cornice ai marciapiedi, sui quali si vendevano piccoli prodotti di carta e cartone variopinto: cappelli a cono con larga tesa circolare e senza, da soldatino con visiera, da cow boy (nel linguaggio popolare conboi), semplici mascherine nere da "zorro" e rosse da "uomo mascherato", palloncini, trombette e lingue di "menelik", ( si diceva melelicche) ovvero piccoli rotoli di carta colorata con un fischietto all'imboccatura che, soffiandoci dentro, si allungavano sul viso del vicino emettendo un suono acuto e fastidioso per poi ritornare indietro arrotolati. C'era anche grande uso di palline imbottite di segatura e avvolte in stoffa a spicchi colorati, munite di elastico che assicurato ad una delle dita, permetteva di lanciarle verso il bersaglio per poi ritornare ben serrate nel palmo delle mani. Non potevano mancare le tradizionali bancarelle dei dolciumi che offrivano i famosi duri di menta, croccanti, torroni, brigidini, zucchero filato, fili di liquirizia e caramelle di ogni tipo.

Le origini del Carnevale

Molte feste religiose hanno origini pagane e il Carnevale non fa eccezione. Questa festa si riallaccia ai riti Greci dell' Antasterie e a quelli Romani dei Saturnali. Durante il periodo delle festività dalla durata di tre giorni, le autorità consentivano al popolo di eludere le regole e gli obblighi sociali, di stravolgere l'ordine costituito comprese le gerarchie, di fare baldoria e di provocare burle e beffe in regime di assoluta libertà. Si può ritenere che l'uso del mascheramento, arrivato fino ai tempi nostri, sia la conseguenza di questo tipo di atteggiamento popolare allo scopo di non svelare le proprie sembianze soprattutto durante la perpetrazione di scherzi e lazzi nei confronti di autorità e di altri cittadini. L'etimologia della parola Carnevale ha origine all'inizio del Cristianesimo e deriva dal latino "carnem levare" e cioè eliminare la carne. Ciò stava a significare che non si poteva mangiare carne dopo il Martedì grasso, ultimo giorno di festa prima del periodo di astinenza della Quaresima.
"A Carnevale ogni scherzo vale!" è il noto detto fiorentino. In città, fino dal medioevo, la festa era caratterizzata da allegria e spensieratezza. I Fiorentini ballavano, cantavano e partecipavano a cene e corsi mascherati che si snodavano per le vie del centro fino a tarda notte al lume fioco, ma sufficiente, diffuso da ceri e torciere. Durante il Quattrocento alle tradizionali manifestazioni se ne aggiunsero altre fino ad arrivare al culmine dei festeggiamenti voluti e pianificati personalmente da Lorenzo il Magnifico nei quali oltre ai laici prendevano parte anche gli ecclesiastici. Il Magnifico voleva alimentare la gaiezza spensierata del popolo fiorentino e per farlo organizzava spettacoli teatrali itineranti che si tenevano direttamente nelle strade. In essi venivano recitati i famosi "canti carnascialeschi". Si ricorda quello scritto da Lorenzo: "Quant'è bella giovinezza che si fugge tutta via chi vuol essere lieto sia del doman non v'è certezza..." In quel contesto ogni cittadino, sia maschio che femmina, era invitato a recitare un canto in versi. Le donne, che finalmente avevano liceità di esprimersi come volevano, lo facevano senza farsi pregare. Un esempio lo portano alcune giovani, sposate con mariti anziani: "Deh andate col malanno vecchi pazzi rimbambiti non ci date più l'affanno; contentiam nostri appetiti". Ma il Savonarola era in agguato e spronando con fervore i fiorentini li indusse a uno stile di vita sobrio e morigerato. Dopo circa cinque anni dalla morte di Lorenzo il Magnifico, in pieno Carnevale, alla data del 7 Febbraio 1497, nella Piazza della Signoria, il Frate fece preparare il falò delle "vanità mondane" e molti fiorentini, sui quali il Domenicano aveva una forte influenza, si precipitarono a gettare fra le fiamme opere d'arte, gioielli, vestiti di lusso, specchi e vari altri oggetti di ornamento personale. Circa un anno dopo, il falò fu preparato per lo stesso Savonarola che, condannato per eresia, fini nel rogo dopo essere stato impiccato.Dopo la morte del Frate, la vita in Firenze riprese lentamente il suo normale cammino. Nel 1537 con l'avvento del Granduca Cosimo I° de Medici, i cittadini riassaporarono il Carnevale come ai bei tempi, partecipando ai festeggiamenti in grande stile. Corsi mascherati, sfilate di carri allegorici, balli, canti nelle strade e nelle case,  gare fra giovani per i migliori scherzi e burle, cene e pranzi su tavole imbandite offerti dalle Confraternite crearono di nuovo quell'atmosfera positiva originata dal Magnifico Lorenzo. Nel corso del Seicento e Settecento, alle consuete tradizioni Carnevalesche, si aggiunsero feste da ballo in costume che si svolgevano un po' dappertutto. Alle danze di origine straniera come la quadriglia, il minuetto e la gavotta che si ballavano nelle residenze nobiliari, si contrapponevano i balli rustici popolari come il trescone, la carola e il saltarello che si tenevano nelle piazze cittadine e sulle aie di campagna. Nel 1791 nacque a Firenze "Stenterello" l'unica maschera tradizionale del Carnevale fiorentino creata dall'attore Luigi del Buono, un signore che prima di diventare attore, commediografo e scrittore, aveva lavorato nel campo degli orologi. Stenterello era magro e pallido, con il suo nasone ossuto, patito, traballante, vestito di colori sgargianti, in pantaloni neri corti e lunghe calze di due colori diversi, scarpe con grossa fibbia e cappello a lucerna su parrucchino bianco, dallo spiritaccio tipicamente fiorentino che polemizzava con tutti comprese le Autorità, entrò in teatro attraverso il suo creatore. La prima rappresentazione avvenne nei giorni di Carnevale nel Teatro di Borgognissanti. Lo spettacolo fu così divertente che riscosse subito un grande successo di pubblico e proseguì nel secolo successivo in vari altri teatri della città, portato in scena da altri valentissimi attori. Nel periodo Ottocentesco fino alle soglie del Novecento, oltre alle recite e agli spettacoli, si continuò a organizzare serate di balli pubblici Carnevaleschi, naturalmente più moderni e adeguati ai tempi, che si svolgevano per lo più sotto le logge del Mercato Nuovo (Il porcellino) e quella dei Lanzi. Ad esse partecipavano anche i governanti che si beccavano lazzi e motteggi solo in quelle occasioni consentiti. Nella prima parte del Novecento, le feste di Carnevale per strada diminuirono per poi restare isolate in qualche abitazione borghese anche a causa dello scoppio della prima guerra mondiale. Dopo la guerra, nei palazzi e nelle ricche dimore, ripresero i veglioni del Martedì grasso. Nobili e borghesi si avvicinarono alla moda del Carnevale Veneziano indossando costumi con trine e gale, finemente realizzati da sarti specializzati. Come a Venezia, i volti venivano celati da maschere sostenute da un piccolo manico in avorio o metallo. I grandi corsi mascherati con carri allegorici, eco di un fastoso tempo passato, caddero in disuso a Firenze e si spostarono quasi del tutto a Viareggio dove nel 1921 sui viali a mare, si svolse la prima grandiosa sfilata del dopoguerra davanti a centinaia di persone. Oggi i corsi mascherati di Viareggio, con i fantasiosi carri che trasportano famosi personaggi pubblici di cartapesta, hanno risonanza mondiale e sono seguiti da migliaia di persone provenienti dall'Italia e dall'estero. Fino agli anni sessanta, nella nostra città, il popolo ha continuato a festeggiare il Carnevale con tutto il suo repertorio giovanile di scherzi e burle, per le strade, nelle sale da ballo e nelle case private, indossando i classici costumi in maschera acquistati o noleggiati. Oggi l'importanza della festa, distratta da tanti nuovi eventi è diminuita, ma la tradizione viene ancora da molti rispettata nei quartieri cittadini, anche per l'interessamento costante di tanti enti e associazioni.

LA CANDELORA A FIRENZE

Si Purificatio nivibus – Pasqua floribus

Si Purificatio floribus – Pasqua nivibus 
(Antichissimo detto latino che dà origine all'attuale proverbio)

Per la Santa Candelora
o che nevichi o che plora
dall'inverno siamo fora; 
se c'è sole o solicello 
siamo sempre a mezzo inverno.

Se il 2 Febbraio piove o nevica, la Primavera arriverà presto, se c'è sole o solicello, la Primavera ritarderà.Come tutti i proverbi, anche questo di larga diffusione, è arrivato fino a noi attraverso il tempo, nel corso del quale si sono condensati secoli di sapienze, credenze, esperienze ed episodi. Sono molti i fiorentini che, attenti e rispettosi della tradizione, aspettano di vedere cosa riserverà loro il 2 di Febbraio giorno della Candelora per poi controllare la veridicità del proverbio. La ricorrenza della Candelora ebbe origine in epoca romana, forse addirittura greca poi passata a Roma, e faceva parte di quei riti pagani detti Lupercali. Si chiamava anche "Festum Candelorum" e si svolgeva il 15 Febbraio. All'inizio si trattava di una festa nella quale veniva fatto uso di fiaccole e torce per propiziare la fecondità, in seguito fu dedicata alla luce purificante che scaccia i demoni. Nel V° secolo, con l'avvento del Cristianesimo, Papa Gelasio I° chiese e ottenne dal senato Romano, la soppressione delle feste "Lupercali" che rimasero, comunque, ancora in vita per altri due secoli ma solo sotto un aspetto folkloristico. Nel VII° secolo la Chiesa Cattolica cancellò definitivamente il rito pagano e istituì la festa della Candelora volendo così riaffermare l'antica simbologia della luce attraverso le candele. La festa fu legata a due sacri eventi: la "Presentazione di Gesù al Tempio" e la "Purificazione di Maria" dopo quaranta giorni dalla nascita di Gesù, fissandola definitivamente alla data del 2 Febbraio. La ricorrenza Cristiana si svolgeva con processioni per le vie e celebrazioni nelle Chiese dove venivano distribuite in dono ai devoti candele benedette. La tradizione prevedeva che i fedeli conservassero nella propria casa i ceri ricevuti accendendoli per essere "illuminati" dalla protezione Divina in casi di calamità, di epidemie, di assistenza ad un moribondo, di parti difficili, e nell'attesa dell'arrivo di una persona cara che non tornava. Il rito era anche inteso come atto per allontanare gli aspetti negativi, "scuri", della vita attraverso la luce purificante di tante piccole candele bianche. Nei secoli successivi si continuò a celebrare la Candelora con i suoi riti tradizionali in ogni luogo della Cristianità. A Firenze le celebrazioni della Festività crebbero enormemente d'importanza a partire dal XV° secolo per la grande partecipazione e devozione popolare. La richiesta di cere e candele salì vertiginosamente. La produzione non avveniva solo nelle botteghe artigiane, dove operavano i ceraioli più esperti, ma addirittura nelle fabbriche sotto il severo controllo dell'Arte dei Medici e degli Speziali, che attraverso regolamenti assai rigidi, imponevano ai fabbricanti la purezza del prodotto, pena gravi sanzioni. La benedizione delle candele avveniva nelle Chiese più importanti e la donazione ai fedeli era effettuata nelle Parrocchie e nelle Confraternite. La tipologia delle candele andava dalle più semplici in cera bianca a quelle ornate di fregi dorati o colorati. La scelta del tipo di candele da distribuire dipendeva dall'importanza dei personaggi ai quali il dono era destinato. Nel periodo Lorenese, il Granduca, ogni anno, dopo avere partecipato alla messa ed alla benedizione delle candele nella Chiesa Parrocchiale di Santa Felicita, usava regalare i finissimi ceri che a sua volta aveva ricevuto in dono, alla sua corte ed ad alcuni cittadini meritevoli. Ancori oggi molti fiorentini osservanti rispettano il rito della Candelora recandosi alle Funzioni del 2 Febbraio che si svolgono nelle Chiese maggiori. Dopo avere ricevuto la candela benedetta ed al commiato "ite missa est" usciranno sul sagrato e scruteranno con curiosità il cielo. Allora sapranno quanto sarà lunga l'attesa per l'arrivo della Primavera.

AL MATTINO FECE BUIO

A Firenze, erano le 8,40 del mattino del 15 Febbraio 1961 quando il sole splendente nel cielo, meravigliosamente sereno, cominciò lentamente ad oscurarsi. Un disco nero avanzò gradualmente davanti a quello accecante dell'astro fino a coprirlo completamente, e fu notte. Si trattava di un' eclissi totale di sole. Tale accadimento non si verificava dal 3 Giugno del 1239. Fu un fatto epocale per tutte le popolazioni coinvolte nell'evento che si manifestò dal centro Europa fino all'Asia passando per l'Italia centrale e Firenze fu una delle città più direttamente interessate dal fenomeno. Le cronache del tempo ci descrivono le storie di quei momenti: dall'animazione degli "addetti ai lavori" alla curiosità dei cittadini nei giorni dell'evento e a quelli che lo precedettero. Radio e televisione avevano cominciato già da tempo a diffondere servizi, ne parlavano ampiamente i giornali cercando di spiegare con terminologie semplici quanto sarebbe accaduto. Gli scienziati della Società Astronomica Italiana si dividevano i luoghi di osservazione fra il colle di Arcetri e il Monte Conero nelle Marche, ideale per lo studio della corona solare. Fra gli scienziati saliti sul monte marchigiano era presente anche una nostra concittadina: la grande compianta Margherita Hack. Dunque si giunse al momento cruciale di quel 15 Febbraio. Le attività lavorative già iniziate furono interrotte e quelle non ancora iniziate differite, così pure le scuole che ritardarono l'orario di apertura per dare modo agli studenti di assistere al fenomeno, non solo per fini spettacolari ma soprattutto per quelli didattici. La quasi totalità dei fiorentini osservava il cielo attraverso lenti annerite o occasionali da ogni luogo possibile: dalle proprie abitazioni, dal piazzale Michelangelo, da Fiesole e dai vari belvedere che si trovano sulla strada panoramica. Una buona parte di cittadini sostava sui lungarni, luogo ideale per l'osservazione ed anche più prossimo alle proprie attività lavorative. Appena il disco lunare iniziò a coprire il sole, un silenzio assoluto avvolse la città. Gli animali tacquero, gli uccelli non si alzarono in volo; tutto si fermò. Si udiva solo il brusio della gente che commentava sommessamente quanto stava accadendo e man mano che il sole scompariva si alzavano esclamazioni di meraviglia e di stupore. In breve fu buio completo. Contemporaneamente all'oscurità, nel cielo apparvero le stelle, tutti i lampioni dei lungarni si accesero e le case sulle colline intorno alla città cominciarono a mostrare i tanti puntini luminosi delle lampade come fosse ormai notte. Quando dopo due minuti e quindici secondi, durata di tutta la fase dello straordinario evento naturale, il sole riapparve nel suo splendore, tutto tornò come prima e i cittadini ripresero le loro attività con l'animo colmo di emozione. L'eclissi, si manifesta quando la luna in periodo di novilunio si trova allineata perfettamente con il sole e la terra e, interponendosi fra loro, getta su di noi un cono d'ombra che provoca, anche se per qualche minuto, la scomparsa della luce solare. Non si può negare che il fenomeno, unico e indimenticabile, oltre a fornire elementi utili agli astrofisici, gratificò i fiorentini che poterono assistere alla dimostrazione dell'infinita perfezione della natura. Questo evento fu in seguito dibattuto in convegni e conferenze ma ebbe spazio anche nello spettacolo. Nel film "Barabba" del 1961, girato a Roccastrada nel Grossetano, il regista Richard Fleischer riprese in diretta tutta la fase dell'eclissi e la inserì nella scena della Crocefissione di Gesù. Arrivederci alla prossima eclissi totale: 3 Settembre 2081.

Cose da fare a Firenze